Per non farsi travolgere dalle responsabilità, potrebbe essere utile portare l'anziano in un centro diurno o residenziale (ad es. casa di riposo, residenza servita, residenza protetta), presso cui potrà essere accudito con cure e attenzioni adeguate.
Dal testo di Annalisa Patruno e Paola Savarino, intitolato “Quando un anziano entra in istituto: le aspettative, le paure, le domande e le esperienze dei familiari”, emergono due grosse speranze iniziali da parte dei familiari.
Da una parte essi si aspettano di veder accudito e curato il proprio parente esattamente come a casa, mentre dall’altra desiderano, spesso inconsciamente, la possibilità di conservare la maggior parte delle abitudini di relazione precedenti.
Aspettative che spesso si scontrano con le regole imposte dall’istituto stesso, che a loro volta rischiano di essere vissute come una negazione del diritto ad accudire e a vedere il proprio caro come auspicato in precedenza.
Ma è proprio la presenza di regole e procedure a rendere il rapporto tra paziente, familiari e struttura scevro di fraintendimenti ed incertezze.
Le autrici del volume indicato poc’anzi affermano anche che né l’istituto né la famiglia sono onnipotenti e in grado di rispondere a tutte le necessità dell’anziano.
Ecco dunque il motivo per cui la scelta del ricovero viene spesso è rimandata dai familiari caregiver, in quanto affidare un genitore alle cure di terzi costituisce un ostacolo etico e morale spesso invalicabile, peggiorato anche dalle difficoltà dell’anziano ad accettare la sua nuova condizione di vita.
Questo momento di separazione viene avvertito in maniera negativa da entrambe le parti, in quanto inconsciamente sancisce l’inizio del periodo finale della vita del genitore.
D'altro canto, il distacco può aiutare a riequilibrare i rapporti e a distrarre l'anziano dai suoi acciacchi: nella maggior parte dei casi, infatti, la distanza fisica non si traduce in distanza emotiva.
Recentemente, ad esempio, la Cina ha introdotto una legge che stabilisce che i figli adulti debbano far visita periodicamente ai propri genitori anziani.
Tale provvedimento è legato al rapido invecchiamento della popolazione, provocata dalla politica del figlio unico adottata dalla Cina per limitare l'aumento demografico.
Sebbene gli italiani non abbiano bisogno che lo Stato imponga loro di stare vicini ai propri genitori, è pur vero che non tutti i membri della famiglia tendono a rendersi disponibili allo stesso modo: indagini recenti dimostrano come le donne forniscano la maggior parte delle cure, anche in termini di assistenza diretta, ai genitori anziani.
Tuttavia, condividere le responsabilità è fondamentale, innanzitutto per non creare ulteriori spaccature nell'ambiente familiare.
Inoltre, la collaborazione tra figli può alleviare i sensi di colpa e rafforzare relazioni incrinate.
Tali aspetti positivi possono fare capolino soltanto se il carico di lavoro e responsabilità viene suddiviso in maniera sostanziale, anche con il personale assistenziale e, se necessario, psicologico. Una "gestione solitaria" di una situazione tanto complessa, infatti, non fa che mettere in discussione quanto di buono è stato costruito in una vita intera.
E allora perché non accettare un aiuto esterno ed evitare di ammalarsi? Dopo tutto, è la soluzione migliore, sia per i figli che per i genitori!
Come comportarsi, tuttavia, in questi casi? Meglio una casa di riposo o l'assistenza a domicilio?