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Il problema acqua nei polmoni è serio, spesso legato a problemi cardiovascolari. Cosa c’è da sapere in un’articolo semplice e chiaro.
Il ristagno di liquido nei polmoni è una condizione clinica che prende il nome di edema polmonare.
È provocata da un accumulo eccessivo di fluidi in grado di rendere difficoltosa la respirazione, in aree che normalmente ne sono prive.
La conseguenza principale della presenza di acqua nei polmoni è la dispnea, che tende a manifestarsi attraverso una sensazione assimilabile a una vera e propria “fame d’aria”, evidenziata dall’aumento della frequenza respiratoria (tachipnea).
L’edema polmonare può essere acuto o cronico.
La prima condizione si manifesta improvvisamente: la respirazione peggiora rapidamente e risulta ancora più difficoltosa in posizione distesa.
L’edema polmonare acuto in genere è accompagnata da sintomi quali ansia, rantoli, tosse (talvolta con espulsione di sangue), sudorazione, palpitazioni, pallore e dolori al petto.
L’edema polmonare cronico, invece, tende a peggiorare col tempo; inizialmente, causa difficoltà respiratorie più evidenti in seguito a uno sforzo fisico.
Può comportare risvegli per assenza di fiato, stanchezza, sibili, riduzione dell’appetito, edema a gambe e piedi.
Ma da dove proviene il liquido che si deposita nei polmoni? I fluidi che rendono difficoltosa la respirazione e peggiorano la funzionalità polmonare provengono dai vasi sanguigni che vascolarizzano la regione.
A causare tale fuoriuscita può essere un danno all’endotelio vascolare che riveste i vasi, oppure un aumento della pressione sanguigna nella circolazione polmonare, come accade in caso di scompenso cardiaco.
L’edema interstiziale causa un accumulo di liquidi negli interstizi, ovvero negli spazi compresi tra le varie cellule che compongo un tessuto.
Si parla di edema alveolare, invece, quando i fluidi fuoriusciti dai vasi sanguigni vanno ad accumularsi anche negli alveoli polmonari, le piccole cavità che in condizioni normali risultano colme d’aria e che costituiscono l’unità funzionale di base dei polmoni.
Pertanto, l’edema alveolare va inteso come un peggioramento della condizione descritta in precedenza.
Inizialmente, le difficoltà respiratorie si palesano soprattutto durante l’attività fisica e gli sforzi improvvisi (dispnea da sforzo), quindi cominciano a rendersi evidenti anche quando ci si distende, obbligando il paziente a mettersi seduto o a rialzarsi (ortopnea).
Col progredire della malattia, i sintomi tendono a comparire anche in fase di riposo. L’accumulo progressivo di liquido negli alveoli e nei bronchi causa anche la comparsa dei tipici rumori respiratori, costituiti da sibili, ronchi, crepitii.
Tali sintomi possono essere riconosciuti dal paziente stesso o dal medico durante l’auscultazione del torace.
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La presenza di acqua nei polmoni ha conseguenze variabili, a seconda della gravità della patologia e delle condizioni pregresse del paziente. Tra i segnali tipici vale la pena citare:
Sono tante le cause in grado di provocare il ristagno di liquido nei polmoni; tuttavia, nella maggior parte dei casi, l’edema polmonare dipende da problemi cardiovascolari.
L’edema polmonare di origine cardiogena è legato a evidenti alterazioni della funzione e della struttura del ventricolo sinistro, in grado di provocare insufficienza cardiaca e, di conseguenza, edema polmonare. Le cause principali sono:
A farne le spese è quasi sempre la parte sinistra del cuore, con conseguente scompenso cardiaco.
In presenza di uno dei disturbi sopraelencati, il ventricolo sinistro non riesce più a pompare il sangue come dovrebbe, espellendone quantità minori rispetto a quelle che riceve; ciò finisce per determinare la comparsa di accumuli di sangue crescenti all’interno del circolo polmonare.
Ne consegue un aumento della pressione venosa polmonare, in grado di alterare l’equilibrio esistente tra interstizio e capillari.
Discorso diverso, invece, per l’edema polmonare non cardiogeno, legato essenzialmente a danni ai capillari, cui fa seguito una fuoriuscita d’acqua, proteine e altre sostanze. Le cause possono essere così suddivise:
In caso di sintomi è bene rivolgersi immediatamente ad un medico il quale, per diagnosticare la presenza di acqua nei polmoni, può ricorrere al supporto di uno dei seguenti esami:
Una volta individuata la causa, sarà possibile trattare l’edema polmonare.
Nei casi più gravi il paziente può necessitare di ventilazione assistita e ossigenazione.
Inoltre, può essere necessario ridurre la quantità di fluidi extra-vascolari mediante la somministrazione di diuretici o nitrati con effetto vasodilatatore.
Può rivelarsi utile anche la morfina, capace di alleviare l’ansia e risolvere la dispnea.
Infine, i farmaci ACE-inibitori sono indicati nei pazienti ipertesi, essendo in grado di ridurre la pressione venosa e arteriosa.
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