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Quali sono i farmaci antidepressivi? come si cura la depressione? funzionano i rimedi naturali come l’iperico? una guida per conoscere le medicine migliori per combattere la depressione.
Gli antidepressivi sono una classe di farmaci appartenente alla più ampia categoria degli psicofarmaci.
Vengono utilizzati per trattare i problemi legati all’umore, quali depressione e disturbo bipolare.
Oggigiorno, questi farmaci trovano impiego anche nel trattamento dei disturbi ossessivo-compulsivi, del dolore neuropatico e nella terapia per la disassuefazione dal fumo.
Gli antidepressivi agiscono sui neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina e dopamina) modificandone le quantità e consentendo loro di impattare su diverse aree del cervello.
In genere, gli antidepressivi vengono prescritti ai pazienti con disturbi comportamentali e/o affettivi, caratterizzati da evidenti alterazioni del tono dell’umore e talvolta associati anche a disturbi del pensiero.
Tra i disturbi affettivi più comuni figura la depressione, che può variare in termini di gravità e intensità; la depressione può essere lieve o severa e nei casi più gravi può essere accompagnata da manifestazioni quali allucinazioni e delirio.
Secondo una delle ipotesi scientifiche più accreditate, definita “monoaminergica“, la depressione sarebbe provocata da una carenza di neurotrasmettitori monoaminergici; di conseguenza, il trattamento più efficace consiste nel colmare la carenza dei neurotrasmettitori dopamina, noradrenalina e serotonina.
Ecco una lista dei farmaci antidepressivi, con le principali categorie di principi attivi:
È possibile curare la depressione ricorrendo alle terapie erboristiche? Per il trattamento delle forme di depressione lievi e moderate può essere impiegata anche la terapia erboristica.
In particolare, la sostanza più utilizzata è l’iperico, meglio conosciuto come erba di San Giovanni.
L’iperico è in grado di inibire la ricaptazione della serotonina, esattamente come fanno anche gli antidepressivi catalogati come SSRI.
Inoltre, è stata osservata anche una discreta capacità di aumentare i livelli di noradrenalina, con il conseguente incremento della responsività e dell’energia nel paziente.
Infine, l’iperico è in grado di aumentare anche la disponibilità di dopamina, garantendo un aumentato senso di benessere.
In Italia, questa pianta può essere utilizzata a tale scopo soltanto sotto prescrizione medica.
L’iperico non ha mostrato risultati incoraggianti nel trattamento delle forme gravi di depressione.
Le parti impiegate per le preparazioni fitoterapiche sono i fiori e le foglie (usare 1-2 cucchiaini per 150 ml di acqua bollente; lasciare in infusione per 5-10 minuti, quindi filtrare e bere al mattino e alla sera).
Tra i principi attivi presenti nell’iperico è necessario citare:
Prima degli anni ’50, le uniche terapie utilizzate per il trattamento della depressione erano incentrate sulla terapia elettro-convulsivante e sull’uso di stimolanti a base amfetaminica.
Tuttavia, l’impiego di queste soluzioni risultava spesso inefficace, oltre che dannoso. Il primo farmaco, l’imipramina (TCA) venne scoperto negli anni ’50 dallo psichiatra svizzero Ronald Kuhn, il quale stava cercando composti simili alla clorpromazina, utilizzata per il trattamento della schizofrenia.
Il primo farmaco appartenente alla classe degli iMAO, invece, fu l’iproniazide, che si dimostrò efficace, ma al contempo tossico.
Verso la fine degli anni ’60 fu osservata la capacità di alcuni antistaminici di inibire selettivamente la ricaptazione della serotonina.
Poiché, già con l’introduzione degli iMAO e dei TCA fu immediatamente chiara l’importanza della serotonina nella cura dei disturbi depressivi, i chimici farmaceutici cominciarono a sintetizzare composti in grado di inibire in maniera selettiva il reuptake della serotonina (SSRI), con l’obiettivo di ridurre gli effetti collaterali più gravi.
Discreto successo raccolse la scoperta della zimeldina, derivato dell’amitriptilina (appartenente alla categoria dei TCA). Questa molecola è in grado di inibire il reuptake di 5-HT e noradrenalina, senza gli effetti indesiderati dei TCA. Tuttavia, la zimeldina venne ritirata dal mercato negli anni ’80 a causa del legame esistente fra questa molecola e la sindrome di Guillain-Barré.
Bibliografia: